di Giovanni Gioioso
“Fate presto” è la storica prima pagina de il “Mattino di Napoli.” E’ il 24 novembre del 1980, un giorno prima, alle ore 19.30, una forza distruttrice del decimo grado della scala Mercalli si era abbattuta su parte della Basilicata centro – settentrionale, dell’Irpinia e della provincia di Foggia portando con sè morte e distruzione ma anche migliaia di feriti e circa 280.000 sfollati. C’è un quartiere a Potenza – nel capoluogo di Regione più alto d’Italia – che è stato meta di pellegrinaggio delle più alte cariche istituzionali locali e nazionali, un ghetto che ha gridato e grida allo scandalo. Si chiama “Bucaletto” ed è il simbolo di quel ‘fare presto’ inabissatosi nelle speranze e nelle aspettative disattese di una ricostruzione lenta e disorganizzata nel chiaroscuro di una Legge, la 219, foraggiata da ingenti risorse pubbliche, approvata nel 1981 e diventata operativa nel 1984, che – escluso il fiuto di Cesare Romiti – con la Fiat che iniziava a preparare l’insediamento nel polo di Melfi e pochi altri esempi virtuosi – non è riuscita a stimolare il dinamismo economico auspicato.
Chi scrive, in occasione del quarantennale dal sisma, ha avuto l’opportunità di intervistare a tutto tondo lo storico ex sindaco Gaetano Fierro chiamato a gestire nel decennio 1980 – 1990 sia la prima fase legata all’emergenza abitativa, sia parte della successiva ricostruzione allargando la lente d’ingrandimento sul tema dell’edilizia popolare.
«Prima del terremoto, non molti hanno memoria, le amministrazioni precedenti alla mia sono state oggetto di numerose pressioni da parte di chi non aveva una casa. C'era un profondo disagio abitativo ed erano frequenti le occupazioni degli edifici come avvenne, ad esempio, nello stabile dove attualmente vi è la sede del Comune a Sant'Antonio la Macchia: ben prima del terremoto c'era l'emergenza abitativa nella città di Potenza. Bucaletto è costata 25 miliardi ed è stata una grande operazione realizzata da un ufficio tecnico fortemente rimaneggiato: un ingegnere e quattro geometri. Ha ospitato novemila famiglie, i primi 750 nuclei familiari erano tutti terremotati. Oltre a Bucaletto sono stati costruiti numerosi alloggi nella zona di Malvaccaro, in via Iorio, a Macchia Romana e a Macchia Giocoli, per un totale di circa mille alloggi. Abbiamo cercato di soddisfare l'esigenza abitativa e dare delle risposte rapide. A Potenza, dopo il Natale del 1980, le scuole elementari erano già funzionali e fu un segnale importantissimo per la vitalità della comunità che lentamente poteva tornare ad una quotidianità, nonostante le numerose difficoltà». (Il Mattino di Basilicata, 23 novembre 2020).
Sono trascorsi 44 anni da quel tragico 23 novembre 1980 prima che alcune ferite a Potenza e non solo si rimarginassero, mentre altre sono ancora profondamente aperte specialmente nel quartiere simbolo del sisma che oggi si presenta in parte come una ghost town tra edilizia popolare di nuova costruzione, veri e propri crateri lasciati dalle precedenti istallazioni dei prefabbricati e moduli abitativi che risalgono ancora agli anni del terremoto, nella fatiscenza del tempo che scorre inesorabile, nella decadenza di una stagione che non è affatto consegnata al passato e nell’assenza di servizi e delle minime regole di decoro urbano, sulle quali anche i cittadini non sono esenti da responsabilità. E’ in questo luogo – vittima troppo spesso di slogan elettorali e passerelle – che ogni prefabbricato, tra muffa, infiltrazioni e tracce di amianto racchiude una storia, non strettamente legata al sisma del 1980. Un microcosmo ignoto a chi distrattamente percorre la Basentana e ben noto a chi quotidianamente – parrocchia Santa Maria della Speranza e Caritas diocesana in testa – affronta le sfide di una periferia difficile e le sue contraddizioni.
Stamane, proprio l’equipe Caritas della diocesi di Potenza – Muro Lucano – Marsico Nuovo, a margine di un evento formativo per nuovi direttori e operatori delle Caritas diocesane, nel corso di una lunga e toccante ‘passeggiata’ con Mons. Caiazzo Arcivescovo di Matera – Irsina – Tricarico e delegato CEB per la Caritas, don Luigi Sarli e don Salvatore Sabia ha ‘rievocato’ le tappe di un percorso partito dal basso e da lontano, tra mille difficoltà logistiche ed organizzative. Il prima e il dopo di una crescita che ha continuato a mettere al centro della propria azione la popolosa Bucaletto, i suoi problemi e le sue fragilità, le sue storie di riscatto e di resilienza, facendone il proprio quartier generale e cuore pulsante con una struttura di prossimità, una biblioteca per il dopo scuola ed un laboratorio di sartoria “Officina delle idee” per donne svantaggiate.
«Esprimo il mio compiacimento per lo straordinario lavoro portato avanti in questi anni dalla Caritas di Potenza – Muro Lucano – Marsico Nuovo», ha detto Mons. Caiazzo. «Sinceramente non avrei mai immaginato che a Potenza potesse esserci una situazione tanto grave quanto allarmante. In una zona così degradata e abbandonata la presenza della Chiesa è significativa, ho potuto toccare con mano il rapporto diretto tra gli abitanti e il parroco e il viceparroco simbolo di un profondo rapporto di fiducia. Di recente sono tornato da una missione in Ecuador e ironicamente mi sembra di rivedere le periferie di Quito, ma qui la situazione è peggiore perchè è davvero impensabile, a 44 anni di distanza dal terremoto vivere in queste condizioni, in queste strutture lontanissime dal concetto di dignità dell’uomo. Esprimo non solo la mia vicinanza e la mia solidarietà ma anche un impegno concreto presso le istituzioni affinchè insieme al vescovo locale si possa lavorare per dare una dignità. Queste persone non sono ‘altri’ sono nostri fratelli, ci appartengono ed è inverosimile una realtà così abbandonata», ha ribadito Mons. Caiazzo. Sullo sfondo una nuova Amministrazione comunale e l’auspicio di interventi strutturali concreti e di una visione di cittadella inserita armonicamente nella città.